INTERVISTA A WALTER ZENGA 

Andrea Leti, Marketing Manager, in un’intervista con Walter Zenga, in esclusiva per Barbus Magazine.

 

Walter Zenga, conosciuto da tutto il mondo calcistico, soprattutto di fede interista, come “l’Uomo Ragno” da portiere della Nazionale, oggi allenatore.
Si smette mai di essere giocatore dentro anche quando si diventa allenatore?

Si, dal momento in cui si smette di giocare, si smette di essere un giocatore.
Sono due cose che vengono scisse, in maniera distinta. 

Un conto è fare il giocatore, un altro conto è fare l’allenatore.

Quando smetti di essere giocatore, smetti a tutti gli effetti di essere quel personaggio ed entri nei panni di un altro personaggio, che è appunto quello dell’allenatore.

 

Si parla spesso di pressione psicologica sul lavoro, di stress.
Cosa significa gestire giocatori, dirigenti, presidenti, massmedia, conferenze stampa, viaggi continui, distacco dalla famiglia ecc.?
Come si gestisce la pressione psicologica provocata da tutto questo? 

In realtà è molto semplice.
È da quando sono un ragazzino che sono sempre in giro per il calcio, per questa mia passione, ed è normale che, essendo fuori casa da così tanto tempo, si finisce per perdere qualcosa che riguardi la famiglia, i rapporti con gli altri, con gli amici.

In cambio però hai fama, successo, soldi e tutto il resto, ma è chiaro che tutto ha un costo.

La gestione dello stress è una questione molto semplice: ci sono alcune persone che sono nate proprio per gestire lo stress mentre altre, non riescono a sopportarlo. 

Per il mio modo di vedere, ad esempio, è più stressante stare a casa piuttosto che avere a che fare tutti i giorni con problemi da risolvere e con situazioni da gestire. 

 

Oggi l’allenatore vive una situazione diversa dal passato, in cui più che gestire dei giocatori, si ritrova a dover gestire delle Partite Iva circondate dalla stampa, sponsor, procuratori.
Come si lavora in un ambiente come questo, in cui non c’è quasi più quel senso di appartenenza al gioco del calcio ma si è quasi diventati gestori di aziende?

È molto semplice, se hai passione e amore per il tuo lavoro qualsiasi situazione la gestisci in maniera ottimale. 

Bisogna sempre aggiornarsi, bisogna stare sempre al passo con i tempi, ma non è detto che delle situazioni particolari debbano creare necessariamente dello stress.

C’è sempre una soluzione a tutto.
Nel 2021 gestisci la squadra in maniera differente rispetto al 2000, perché le persone cambiano ed evolvono. 

Un ragazzo a 20 anni ha una testa mentre a 30 anni ne ha un’altra, quindi il rapporto con le persone cambia nell’ambito della famiglia, in quello dell’amicizia, nella vita di tutti i giorni, figuriamoci all’interno della squadra di calcio. 

 

Ha giocato con quelli che probabilmente sono stati i giocatori più iconici del mondo del calcio e lei stesso ne è uno: Maradona, Schillaci, Van Basten, Baggio, Gullit, Bergomi, Maldini.
Cosa è cambiato oggi nel mondo del calcio rispetto al tempo di quello che noi chiamiamo delle leggende?

Ogni periodo ha le sue leggende. Adesso ad esempio ci sono Neymar, Mbappé, Haland, Benzema… Ogni epoca, ogni ventennio ed ogni decennio ha la sua leggenda.

Ho fatto parte di un’epoca degli anni 80/90 che era piena zeppa di campioni, ma anche adesso ci sono giocatori di livello straordinario che accendono la fantasia dei ragazzi.

La cosa che è cambiata è che, ai miei tempi, c’erano tre stranieri per squadra e adesso invece puoi trovare squadre che hanno anche la maggior parte di giocatori stranieri, ma si tratta di un aspetto più o meno secondario. 

Prima infatti , c’erano molti più giocatori che dal settore giovanile arrivavano in prima squadra anche perché c’era una forzatura, non essendoci appunto un mercato estero.

Adesso invece, essendoci un mercato estero, diventa più complicato per un ragazzo, fare tutto il percorso delle giovanili e arrivare in prima squadra come ha fatto Totti, come ho fatto io stesso, e come ha fatto Paolo Maldini, tanto per citarne qualcuno. 

 

La condivisione della vittoria è semplice, come si gestiscono invece le sconfitte, i momenti difficili, di sconforto ma anche degli squilibri all’interno del Team, dello spogliatoio? Cosa deve fare un Leader?

In realtà è più difficile gestire le vittorie che le sconfitte, perché nelle sconfitte bene o male c’è sempre grande attenzione, un grande senso di rivincita. 

Quando si vince, vi è euforia, ma è sempre la continuità dei risultati che fa la differenza. Nella gestione di episodi positivi, ad un certo punto arriva un momento in cui l’episodio positivo non ha più seguito.
Invece, dopo un episodio negativo puoi sempre risalire la cima. 

 

Qui a Bari siamo famosi per la fantastica stagione fallimentare, nella quale, dopo una cavalcata incredibile in serie B, il Bari all’ultima partita perde la risalita in serie A.
Allo stesso modo, nel 2018 lei subentra come allenatore a Crotone e fa letteralmente un miracolo sportivo che tutti ricordano, perdendo però con il Napoli all’ultima partita.
A distanza di anni, come valuta questa esperienza?
Si tratta pur sempre di un miracolo sportivo o di un insuccesso?

Gli insuccessi fanno parte dei successi. I fallimenti fanno parte delle vittorie. 

È ovvio che in una partita c’è sempre una squadra che vince ed una che perde. 

Quel giorno io ero triste perché avevo perso ma c’era un’altra squadra con i suoi tifosi che erano felici perché nell’ultima partita hanno raggiunto un obiettivo.

Quest’anno l’Italia, con tutta questa grande presenza di stranieri, vince gli europei con Mancini. A cosa è dovuta secondo lei questa crescita incredibile della Nazionale?

Anche quando l’Italia ha vinto il Mondiale, c’erano tanti stranieri.
Bisogna sempre valutare i discorsi in maniera corretta e con le giuste attenzioni.

Il fatto che ci siano tanti stranieri non significa che non vada bene anche perché tanti italiani sono andati a giocare all’estero, quindi è proporzionale.

La Nazionale ha fatto un grande percorso, grazie a quello che ha fatto Mancini.
Mi ricordo che all’inizio gli avevano detto che aveva fatto giocare troppi giocatori e poi invece, alla fine, aveva ragione lui.

Alla fine è sempre il lavoro di un allenatore ad essere quello più importante. 

 

Dopo più di 20 anni nell’Inter, dopo aver vinto un campionato, due coppe Uefa, non è possibile pensare che non sia ancora un fan dell’Inter. Quanto la stimolerebbe diventare allenatore dell’Inter?

Il punto fondamentale non è lo stimolo di diventare o meno allenatore dell’Inter.

Lo stimolo è quello di avere tutti i giorni delle dimostrazioni d’affetto da parte dei tifosi dell’Inter come se avessi smesso ieri, eppure son passati tantissimi anni.

Poi, io ho fatto e sto facendo il mio percorso e non c’è nessun problema a riguardo.

 

Essere una persona famosa, mette costantemente sotto i riflettori la propria vita privata.
Come si gestisce o comunque che consiglio può dare a chi si ritrova esposto al pubblico?

Non è un mio p r o b l e m a quello che la gente pensa o quello che la gente capisce, è un problema loro, non è un problema mio. Molto semplice! 

 

Cambiando argomento… abbiamo un amico in comune: Roberto Re.
Nel 2018 proprio in un suo corso in cui lei era ospite, ha dichiarato: a 50 anni è difficile cambiare e Roberto mi ha cambiato “da così a così”.
Secondo lei quanto è importante la figura di un mental Coach per un Imprenditore e cosa può dargli davvero?

È difficile spiegarlo in poche parole, è un concetto un pò più complicato. 

Si tratta di un percorso profondo, non è possibile spiegare in una breve intervista il motivo per la quale una persona può cambiare anche se ha 50 anni ed anche se è difficile cambiare a una certa età.

È complicato. Certo, le persone come Roberto Re possono darti una mano perché una persona esterna ai tuoi problemi, può valutare in maniera più serena le tue situazioni, il momento che stai passando e darti di conseguenza dei consigli su come affrontare delle situazioni, siano esse positive o negative. 

 

Molti uomini di successo, hanno una routine mattutina che gli permette di mantenere la propria concentrazione durante tutta la giornata, contribuendo al raggiungimento del loro successo.
Anche tu ne hai una? Se si, quale?

Molto semplice: faccio quello che mi piace.

È la cosa più semplice del mondo: se mi va di fare una cosa la faccio, se non mi va non la faccio.
Se mi va di andare a un corso in palestra di Muay Thai lo faccio, se non ho voglia non lo faccio. Sono arrivato ad un punto della vita che faccio solo quello che mi fa stare bene.

 

Poco tempo fa è uscito il suo nuovo libro “L’Uomo Ragno”, una sua autobiografia che possiamo trovare su qualsiasi store ormai.
Come nasce la voglia di mettersi in gioco con la scrittura di un nuovo libro?

È stato un periodo particolare della mia vita ed ho avuto l’idea di scrivere il libro partendo dalla biografia di Agassi che iniziava dicendo che “odia il tennis” mentre io, amo il calcio.

Da lì, quindi, è nata l’idea di scrivere una mia biografia mettendo molto della mia vita privata e parlando di problematiche che possono essere affrontate da tutti, tutti i giorni. 

 

C’è un libro che ha segnato la sua vita o che consiglia assolutamente di leggere ad un imprenditore che fra covid, blocchi governativi ecc. oggi si ritrova a vivere un periodo particolare? 

No, guarda, qualsiasi tipo di libro ti può aiutare, la differenza fondamentale poi è la pratica.

Teoricamente siamo tutti bravi, poi la pratica, quando bisogna mettere insieme tutte le cose, risolvere i problemi e gestire le situazioni, è completamente differente.

In questo caso non c’è un libro che ti può più o meno indicare la strada, sicuramente ti aiuta perché ti fa riflettere su alcuni punti, ti aiuta perché ti fa vedere delle cose in maniera differente.

Ma poi sei te che devi attuare le tue idee, metterle in pratica e prendere le decisioni…

E prendere decisioni non è mai facile!

 

Come si vive il rapporto tra un padre juventino ed un interista convinto?

Normalmente.
Non c’è nessun problema. 

Il mio primo figlio Jacopo è juventino. 

Non c’è assolutamente nulla di ché, non puoi costringere le persone a fare quello che tu vuoi che loro facciano. 

È giusto che ognuno scelga liberamente la sua strada.

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